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La pazza gioia di Paolo Virzì, un turbinio di emozioni tra ironia e disperazione

19 Maggio 2016
La pazza Gioia

 

La pazza gioia, ultima fatica di Virzì è uscito ieri nelle sale cinematografiche italiane; l’avevo puntato già dal primo trailer che avevo visto per caso in sala mesi fa. Era finiti dritto, dritto nell’elenco dei film da vedere al cinema, così approfittando della programmazione favorevole di un cinema di quartiere, che preferisco di gran lunga alle multisala, sono andata proprio il primo giorno di uscita del film.

La pazza gioia narra le vicende di due donne Beatrice e Donatella, ospiti di una comunità terapeutica alternativa al carcere.
In questa isola di protezione e isolamento dalla società, Beatrice esuberante e di nobile origini incontrerà Donatella, chiusa, introversa e fragile. Tra le due donne nascerà spontaneamente e velocemente una connessione, un legame forte che le condurrà in un viaggio alla ricerca della felicità, della vita vera, quella cioè fuori dalla comunità terapeutica.

La pazza GioiaCapisco quando un film ha fatto centro con me, dall’emozione che ha suscitato durante la visione, quando resto cioè toccata nel profondo. Quando un film suscita delle emozioni, qualsiasi esse siano, il messaggio che vuole comunicare, la storia che cerca di narrare stanno superando quella barriera tra schermo e spettatore. I film di Virzì mi fanno spesso (diciamo sempre) questo effetto e mi viene in mente, pensando a questo: “Tutti i santi Giorni” e andando più indietro “Caterina va in città”. I suoi film mi suscitano forti emozioni.  In La pazza gioia si ride, tanto con l’interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi in stato di grazia, in un ruolo che le è stato cucito addosso alla perfezione, così aderente a lei che si resta veramente incantanti dalla sua interpretazione vera e sentita; sopra le righe senza mai esserlo veramente. Ma si piange, ci si commuove tanto in questo film che racconta la tristezza, la disperazione.

 «Sono nata triste»«Anch’io sono nata triste»

C’è un passaggio verso la fine in cui si spiega con le parole di Donatella, la sofferenza delle persone malate di depressione che racchiude alla perfezione il senso del film.

La pazza Gioia
Il tema della malattia mentale è affrontato con rispetto, con realismo e delicatezza. L’equilibrio tra la parte umoristica e quella drammatica è perfetto; gli anglosassoni inserirebbero questo film nel genere dramedy. Virzì, sorprende ancora una volta per la voglia di sperimentare, di portare uno sguardo nuovo su un tema difficile, affrontato spesso con fatica e pregiudizio dalla tv e cinema italiano. Conferma la sua grande capacità di spaziare anche tra generi diversi senza mai perdere l’equilibrio.
Il cast è ispirato e molto convincente, come già dicevo Valeria Bruni Tedeschi calamita su di se tutta l’attenzione e insieme con Michela Ramazzotti che interpreta Donatella, fanno il film nel vero senso del termine. La loro chemistry naturale, fatta di sguardi che commuovono e di battute che fanno non solo sorridere ma riscaldano l’anima.

Una sceneggiatura che Virzì firma con l’Archibugi, intelligente con dialoghi divertenti e intensi e mai banali.
Un film che lascia, nonostante la durezza e l’amarezza, un messaggio di speranza.
Da vedere subito!

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