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Stanza, letto, armadio, specchio – Room di Emma Donoghue

20 Dicembre 2015
Stanza, letto, armadio, specchio

La mia storia con Stanza, letto, armadio, specchio di dell’Emma Donoghue è iniziata molto tempo fa; uscito in Italia piuttosto in sordina (come capita con buona parte dei libri non troppo commerciali!) mi sono ritrovata a leggere la trama in quarta di copertina per caso e a inserirlo sempre un po’ per caso nella mia lunghissima, infinita, wish list di Anobii e lì è rimasto, nel dimenticatoio, in attesa che uscisse un’edizione economica.
In estate però mi sono ritrovata a vedere il trailer di Room, film tratto dal libro della Donoghue e improvvisamente mi sono ricordata del libro che avevo messo in wish list.
Ovviamente non si dica  in giro che io mi ritrovi a vedere un film tratto da un libro senza averlo prima letto, diventa proprio una questione di principio.
Il santo libraccio (bisognerebbe fargli un monumento!) mi è venuto incontro e sono riuscita a reperirlo subito.

La trama è piuttosto lineare: un uomo rapisce una ragazza e la chiude in una rimessa per 7 lunghi anni, trasformandola in una schiava sessuale: questa è in linea generale la trama e voi direte: che c’è di tanto speciale?
L’originalità sta nella narrazione. Emma Donoghue sceglie di raccontarci questa storia oscura e dura, filtrandola dagli occhi di Jack: il bambino nato dalla relazione abusiva tra il carceriere e la ragazza rapita. Tutto ciò non è chiaro subito, le prime  pagine sono quasi estranianti e allo stesso tempo molto angoscianti; si capisce che c’è qualcosa che non va nella routine di un bambino di 5 anni, ma non è esattamente chiaro che cosa.
La realtà che scorgiamo con gli occhi di Jack è agghiacciante ed estremamente disturbante, soprattutto perché i fatti di cronaca ci insegnano, sebbene la storia della Donoghue sia opera di fantasia, che tutto ciò può accadere.
Emma Donoghue grazie a una narrazione asciutta, veloce e soprattutto senza scadere nel patetico, riesce a rendere una storia cruda, violenta e di difficile trattazione, dolce e commovente. Spostando il punto di vista su un bambino di cinque anni che non ha mai visto il mondo estero e pensa che la stanza sia tutto il suo mondo.

La stanza è quindi allo stesso tempo una prigione e un luogo sicuro, ogni oggetto al suo interno è stato umanizzato per assecondare quella naturale attitudine dell’uomo a vivere in società e non in solitudine, quindi c’è il Pettine, Il Tavolo, Parete, oggetti che hanno una storia emotiva e con il quale Jack ha stretto una sorta di legame affettivo.
Se per alcuni, proprio la narrazione dal punto di vista di un bambino di 5 anni, potrebbe, forse, essere il limite della storia perché impedisce l’eccessiva drammatizzazione del racconto, dal mio punto di vista è proprio il filtro attraverso gli occhi di Jack e che ci impedisce di immergersi totalmente nella sofferenza di Ma, segregata da 7 anni in una stanza minuscola, l’aspetto innovativo del racconto.

Room

Stanza, letto, armadio, specchio, finito nella short list del Man Booker Prize 2010, è stato adattato nel film Room  diretto da Lenny Abrahamson, io ho avuto l’occasione di vederlo in anteprima e ne sono rimasta piacevolmente soddisfatta; la sceneggiatura è della stessa scrittrice e si nota subito l’estrema aderenza al romanzo, nonostante dei cambiamenti dovuto per lo più alla differenza del mezzo meno flemmatico e più diretto qual è quello cinematografico.
Il film, protagonista della stagione degli awards attualmente in corso, mi ha colpito soprattutto per l’interpretazione intensa dei due attori protagonisti Brie Larson e Jacob Tremblay (entrambi, infatti, sono nominati ai Golden Globes 2016).
Una storia che si lascia leggere velocemente sulla quale tornerete a pensare anche dopo aver chiuso il libro e finito la storia.

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